I fiumi che inondano le pianure alluvionali causano danni enormi: si stima che in tutto il mondo, il danno alluvionale annuale superi i 100 miliardi di dollari e la situazione peggiorerà nei prossimi anni. La misura in cui i cambiamenti climatici influiscono sulla gravità delle piene fluviali non è stata finora accertata e sembra che non esistano tendenze coerenti a livello globale.

Il professor Günter Blöschl della Vienna University of Technology, esperto di piene fluviali, ha diretto un studio internazionale di larga scala in cui sono stati coinvolti 35 gruppi di ricerca europei, tra i quali il Politecnico di Torino con il gruppo di ricerca composto da Alberto Viglione, Daniele Ganora e Pierluigi Claps. Lo studio dimostra che i cambiamenti nell’entità delle piene alluvionali osservati negli ultimi decenni possono essere chiaramente attribuiti ai cambiamenti climatici. Tuttavia, il cambiamento nel clima non ha lo stesso effetto ovunque: gli eventi di piena stanno diventando sempre più intensi nell’Europa nord-occidentale, mentre l’entità delle alluvioni fluviali è generalmente diminuita nell’Europa meridionale e nell’Europa orientale, sebbene localmente possa anche aumentare. I risultati dello studio sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista “Nature”.

“Dai risultati di un precedente studio effettuato dal medesimo gruppo di ricerca sapevamo già che i cambiamenti climatici stanno modificando la tempistica con cui le piene si verificano, cioè il periodo o il giorno dell’anno in cui queste si verificano”, afferma Günter Blöschl. “Ma la domanda chiave è: il clima che cambia ha anche un effetto sull’entità degli eventi alluvionali? Fino ad oggi i dati osservati non erano sufficienti per accertarne l’effetto su larga scala. Abbiamo studiato la questione nel dettaglio e ora possiamo affermare con fiducia che l’impatto dei cambiamenti climatici è chiaramente visibile”.

Lo studio ha analizzato i dati provenienti da 3738 stazioni di misura di portate fluviali in tutta Europa, per il periodo dal 1960 al 2010. “Si è a lungo sospettato che i cambiamenti climatici avessero un impatto sull’entità delle piene perché un’atmosfera più calda può immagazzinare più acqua”, spiega Günter Blöschl. “Tuttavia questo non è l’unico aspetto rilevante del fenomeno; i cambiamenti delle piene sono più complessi”.

L’analisi dei dati osservati ha evidenziato tendenze differenti nelle diverse regioni d’Europa: nell’Europa centrale e nordoccidentale, tra Islanda e Austria, l’entità delle piene è in aumento a causa dell’aumento delle precipitazioni e dell’umidità del suolo. Nell’Europa meridionale, d’altra parte, i livelli di piena tendono a diminuire poiché i cambiamenti climatici si traducono in una riduzione delle precipitazioni e le temperature più elevate provocano una maggiore evaporazione dell’acqua dal suolo. Tuttavia, per i piccoli corsi d’acqua le piene potrebbero anche diventare più severe a causa di una maggiore frequenza nei temporali e di una differente gestione del territorio. Anche nell’Europa orientale, caratterizzata da un clima più continentale, le piene stanno diminuendo di entità, principalmente a causa delle più elevate temperature che riducono lo spessore dello strato di neve durante la stagione invernale. “Esistono scenari coerenti di cambiamento delle piene in Europa che sono in linea con le previsioni degli impatti del cambiamento climatico”, afferma Blöschl. “Questo indica che il cambiamento climatico è già in atto”.

L’entità delle variazioni nelle portate di piena è notevole: esse vanno da una riduzione del 23% ad un aumento dell’11% per decennio. Se queste tendenze dovessero perdurare nel futuro, si potrebbero attendere effetti importanti sul rischio d’alluvione in molte regioni dell’Europa.

I risultati del progetto dimostrano la necessità di tenere conto di questi risultati nelle strategie di gestione delle alluvioni: “Indipendentemente dagli sforzi necessari per mitigare i cambiamenti climatici, vedremo gli effetti di questi cambiamenti nei prossimi decenni”, afferma Blöschl. “La gestione delle piene deve pertanto adattarsi a queste nuove realtà”.

Per quanto riguarda la situazione italiana, lo studio evidenzia come le entità delle alluvioni dei corsi d’acqua di dimensione medio-grande, fatta eccezione per l’arco alpino, siano in media diminuite negli ultimi 50 anni, coerentemente con quanto è accaduto in tutti i paesi del Mediterraneo. La frequenza con cui si verificano piene estreme dei grandi corsi d’acqua italiani sembra quindi essere generalmente diminuita. Occorre evidenziare tuttavia come questa tendenza non sia accertata, per mancanza di osservazioni disponibili, sui corsi d’acqua di ridotte dimensioni e sui tratti urbani dei corsi d’acqua, ovvero quelli che hanno creato i disastri recenti nel nostro Paese. Per questi ultimi, sensibili a piogge intense di breve durata, ci si aspetta un quadro decisamente più complesso del rischio alluvionale a causa dei trend degli eventi temporaleschi recentemente evidenziati dal Politecnico di Torino. Molto rimane da fare per migliorare il monitoraggio e la conoscenza dei bacini di ridotte dimensioni, indispensabili per definire un quadro chiaro delle condizioni di rischio alluvionale sul territorio italiano.

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