Un algoritmo può contribuire a preservare gli ecosistemi acquatici alpini, soprattutto in corrispondenza delle zone in cui si registra un’elevata affluenza turistica. A svilupparlo è stato un gruppo di ricercatori di Ecotossicologia dell’Università degli studi di Milano-Bicocca.  Lo studio, dal titolo “Environmental risk classification of emerging contaminants in an alpine stream influenced by seasonal tourism” è stato pubblicato su “Ecological Indicators”.

Attraverso l’algoritmo messo a punto dai ricercatori, è possibile prevedere la concentrazione di contaminanti emergenti, quali farmaci e prodotti per la cura della persona, che attraverso gli scarichi dei depuratori, raggiungono i torrenti a valle. I depuratori localizzati sulle Alpi, infatti, si ritrovano spesso a dover scaricare direttamente nei fiumi, non essendo stati progettati per gestire un’elevata produzione di reflui, che si verifica soprattutto durante la stagione invernale con un maggiore afflusso turistico. Durante l’inverno, la diluizione nei fiumi e nei torrenti è più bassa, a causa della prevalenza di precipitazioni nevose tipiche delle località di alta montagna che ne abbassano la portata. Minore è la diluizione nelle acque, maggiore sarà la concentrazione degli inquinanti.

In questo contesto, i ricercatori hanno scelto come caso di studio il torrente Vermigliana, localizzato nella val di Sole, che riceve gli effluenti trattati dal depuratore di Passo del Tonale a 1.799 metri sopra il livello del mare. L’analisi ha preso in considerazione sia la stagione estiva sia quella invernale. Durante tale periodo è stato caratterizzato e classificato il rischio posto da 54 principi attivi contenuti in prodotti farmaceutici e per la cura personale, appartenenti alle varie classi di uso potenzialmente rilasciati dal depuratore. Per la messa a punto dell’algoritmo, è stato fondamentale raccogliere una serie di informazioni legate alla realtà locale: flusso dei turisti durante le due principali stagioni; volume di vendita dei prodotti studiati; informazioni legate alle caratteristiche del depuratore e del torrente che ne riceve gli scarichi; percentuale con cui il depuratore è capace di rimuovere i contaminanti; volume delle acque reflue scaricate nel torrente durante due stagioni; capacità di diluizione del torrente stesso in estate e in inverno.

Le concentrazioni così stimate dall’algoritmo sono state successivamente confrontate con quelle ritenute di salvaguardia per l’ecosistema acquatico, secondo le linee guida ufficiali europee. Da questo confronto ne è risultata una classificazione che ha permesso di evidenziare rapidamente le sostanze più a rischio e quindi prioritarie per un eventuale intervento correttivo.

Nello specifico è stato predetto un rischio elevato per la comunità acquatica di alta montagna legato all’uso di antibiotici e antinfiammatori, ma anche disinfettanti, detergenti e ammorbidenti largamente impiegati nelle lavanderie e nei centri di benessere delle località turistiche alpine. La capacità predittiva dello strumento proposto è stata validata da una campagna di monitoraggio effettuata per 24 delle 54 sostanze studiate. Le misurazioni effettuate hanno confermato la validità dello strumento con qualche eccezione legata principalmente all’uso di farmaci da banco per i quali in qualche caso è stata ottenuta una sottostima del rischio.

«Per la prima volta – spiega Valeria Di Nica, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra presso l’Università di Milano-Bicocca – viene utilizzato questo approccio alle località turistiche alpine. Lo strumento  fornisce un valido supporto alle decisioni, finalizzato a una gestione mirata del rischio ambientale. Trovare un equilibrio tra la tutela ambientale e lo sviluppo di attività economiche come quelle legate al turismo può essere una sfida veramente impegnativa. La rapida individuazione delle sostanze permetterebbe infatti di intervenire tempestivamente là dove si verificano condizioni di criticità, ad esempio con piani di monitoraggio e indagini mirate».

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