Per la prima volta in 122 anni, nell‘Orto Botanico di Victoria, alle Seychelles, sono nati nuovi esemplari di tartarughe giganti: 17 piccoli che rappresentano una splendida notizia per la sopravvivenza di questa specie, da decenni a rischio estinzione. E l’Università di Bologna, con i professori Paola Mattarelli, Paolo Trevisi e Maria Luisa Dindo del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, è impegnata per proteggerli e per garantire loro le migliori condizioni di salute possibili.
Grazie a una collaborazione con Camillo Sandri e Caterina Spiezio, curatore e responsabile del settore ricerca del Parco Natura Viva di Verona, e a un accordo con l’Università delle Seychelles, gli studiosi dell’Alma Mater sono infatti da tempo attivi nello studio delle strategie di conservazione delle tartarughe giganti. A partire dalla prevenzione del traffico illegale, che spesso purtroppo colpisce questi animali. Con il supporto di Camillo Sandri, in collaborazione con Seychelles Parks and Gardens Authority, le 17 piccole tartarughe sono state quindi dotate di nano-microchip, grazie ai quali sarà possibile continuare a monitorarle anche quando saranno tornate in natura.
Oltre a questo, i ricercatori sono impegnati nello studio del microbiota delle tartarughe giganti, con l’obiettivo di identificare le relazioni fra microbiota e salute: un campo fino ad oggi poco esplorato per questi grandi rettili, da cui possono però arrivare importanti indicazioni per favorire la loro conservazione.
“La ricerca scientifica è fondamentale per mettere a punto strategie che possano supportare la conservazione di questi animali sia all’interno che al di fuori del loro habitat naturale”, spiega Paola Mattarelli, professoressa al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna, parte del team di studiosi che si sta occupando del tema. “In particolare, gli studi sul microbiota intestinale come marker di salute possono rivelare informazioni importanti per definire interventi mirati di conservazione e gestione di questi animali, considerati veri e propri dinosauri viventi”.
In passato, diverse specie di tartarughe giganti erano presenti in molte isole dell’Oceano Indiano occidentale, tra cui le Isole Mascarene, il Madagascar e diverse isole delle Seychelles. L’arrivo degli insediamenti umani ha però portato a un drastico declino del loro numero, sia perché cacciate direttamente dall’uomo sia in seguito all’introduzione di nuovi predatori.
Oggi l’unica specie sopravvissuta è quella delle tartarughe giganti di Aldabra, tra le più grandi tartarughe al mondo: il loro guscio più arrivare a superare un metro di lunghezza e possono arrivare a pesare più di duecento chili. Sopravvivono in natura sull’atollo di Aldabra e sulle altre isole delle Seychelles grazie ad azioni di ripopolamento. Altri esemplari, invece, vivono in diversi parchi zoologici in tutto il mondo.
Gli studiosi dell’Università di Bologna, in collaborazione con un team internazionale, sono da tempo impegnati nello studio del loro microbioma, per capire in che modo la sua composizione possa influenzare il comportamento e la salute di questi animali. I primi risultati hanno fatto emergere delle differenze tra le tartarughe giganti che vivono in natura alle Seychelles e quelle in ambiente controllato al Parco Natura Viva di Verona.
“I risultati di questo primo studio mostrano che le diverse condizioni ambientali in cui vivono le tartarughe giganti possono influenzare la composizione del microbiota, e tra queste la dieta è uno dei fattori più importanti”, sottolinea Mattarelli. “Nonostante le tartarughe giganti di Aldabra vivano in diversi parchi zoologici in tutto il mondo, le conoscenze sulla loro dieta in relazione al microbiota gastrointestinale sono ancora limitate: con il nostro lavoro di ricerca vogliamo offrire nuove indicazioni che possano portare a garantire la crescita di quelle particolari comunità di batteri necessari per la salute della tartaruga gigante nelle aree lontane dalle aree di origine, e aiutare ad implementare la conoscenza per attuare le giuste strategie di conservazione per questa specie in pericolo”.

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