Coinvolgere i cittadini nella difesa della biodiversità può dare risultati inaspettati, come la riscoperta di specie che credevamo scomparse dai nostri ecosistemi. Lo documenta lo studio coordinato dall’Università di Firenze, che riporta i risultati della partecipazione degli appassionati di farfalle nel monitoraggio delle specie presenti nei parchi nazionali italiani. La ricerca, pubblicata sulla rivista “Biodiversity and Conservation”, rappresenta un caso virtuoso di citizen science e ha permesso di aggiornare gli indici di rischio di estinzione delle circa 250 specie presenti nei parchi nazionali italiani.

Responsabile dello studio è Leonardo Dapporto, ricercatore di Zoologia dell’Ateneo fiorentino, che ha guidato il team composto anche dai ricercatori delle Università di Pisa e di Torino e dell’Institute of Evolutionary Biology di Barcellona.

“Per la comunità degli studiosi può essere difficile raccogliere i dati necessari per registrare l’andamento della presenza degli insetti, tanto che per alcune specie paventavamo l’estinzione da alcuni Parchi nazionali in quanto mancavano conferme da decenni – spiega Dapporto -. A scongiurare un possibile armageddon sono stati proprio i cittadini: con le foto e le informazioni su data e luogo degli scatti, postati sul sito di citizen science iNaturalist, abbiamo raccolto oltre 50.000 testimonianze per l’Italia, molto superiori alle osservazioni che avremmo potuto registrare durante le attività di ricerca sul campo”.

Grazie alla documentazione caricata negli ultimi quattro anni dagli appassionati, infatti, il team di ricercatori – che ha sviluppato la ricerca nell’ambito dei finanziamenti PNRR al Centro Nazionale di Biodiversità di cui l’Ateneo fiorentino è partner – ha potuto confermare la presenza di farfalle di cui non si avevano avvistamenti da alcuni decenni. “Quando di un insetto non si hanno segnalazioni recenti, alla sua specie viene attribuito un indice di rischio di estinzione, che è il risultato del rapporto tra gli anni in cui le osservazioni sono assenti e quelli da cui si registra la prima presenza. La misura si applica a tutte le specie di un Parco per ottenere una percentuale generale di rischio. Per svariati ambienti e popolazioni di farfalle, questo indice si attestava su valori al di sopra del 50%, molto lontani quindi dal rischio zero – chiarisce il ricercatore -. Per esempio, nello studio, abbiamo preso in esame specie delle quali non si avevano più avvistamenti dagli anni 60, dunque con un rischio di estinzione estremamente elevato nei nostri Parchi”.

Valutando i dati della comunità virtuale dei naturalisti, spesso neppure consapevoli di aver ‘preso nella rete’ un esemplare rarissimo, i ricercatori hanno riconosciuto molte farfalle date per scomparse. È il caso di Hipparchia neomiris, specie endemica di poche isole e ‘sparita’ dagli anni 80 a Capraia, finché due cittadini scienziati l’hanno registrata nel 2019 e nel 2020.

“Le osservazioni dei cittadini scienziati ci fanno capire che la situazione è più rosea di quella descritta dalla letteratura scientifica – commenta Dapporto –. Complessivamente, infatti, abbiamo abbassato di circa 11% l’alert relativo alle farfalle presenti nei Parchi naturalistici, che potrebbero contribuire a sviluppare le competenze degli appassionati e beneficiare così del loro straordinario contributo alla difesa della biodiversità degli insetti impollinatori”.

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