È stato appena pubblicato sulla prestigiosa rivista «Nature Communications» l’articolo Multi-omics for studying and understanding polar life, che analizza i possibili effetti del riscaldamento globale sui poli e sulla loro biodiversità. L’articolo valuta le potenziali minacce alle specie artiche ed antartiche dovute ai cambiamenti climatici. A far parte del team di ricercatori internazionale anche Tomaso Patarnello e Luca Bargelloni, docenti del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università di Padova.
«La copertura di ghiaccio ai poli si stima subirà una riduzione del 7%-14% nei prossimi decenni e questo modificherà radicalmente le dinamiche degli ecosistemi polari – spiega il prof Tomaso Patarnello – Il cambiamento climatico sta già causando lo scongelamento del permafrost che ha come conseguenza non solo la liberazione di gas serra, ma sta anche riportando in vita microorganismi congelati da migliaia di anni. La possibilità oggi di sequenziare l’intero genoma delle specie polari e studiare la relazioni tra condizioni ambientali e regolazione dell’espressione genica ci permette di comprendere le limitazioni e potenzialità di adattamento di questi organismi ai rapidi cambiamenti climatici. Ad oggi, sono pochissimi i
genomi di specie artiche o antartiche completamente sequenziati. Quelli di cui la sequenza è disponibile hanno spesso rivelato molte sorprese. È il caso dei pesci ghiacciolo che sono gli unici vertebrati capaci di vivente senza emoglobina o anche il caso del krill antartico il cui genoma, da poco sequenziato, si è rivelato tra i genomi più grandi finora conosciuti»
«I poli stanno registrando i tassi di riscaldamento più rapidi di tutto il pianeta – dice il prof. Luca Bargelloni. Questa rapidità rappresenta la minaccia più grande per organismi che hanno impiegato milioni di anni per adattarsi alle condizioni estreme di aree remote e inospitali abitualmente esposte a temperature costantemente sotto 0°C. Gli approcci -omici sono gli strumenti adatti per comprendere le modificazioni causate dai cambiamenti climatici sugli organismi polari e per poterne prevedere gli impatti futuri. La sfida sarà quella di avere risorse sufficienti per caratterizzare a livello – omico tutte specie chiave degli ecosistemi polari così da poterne monitorare i cambiamenti a breve e lungo termine causati dalle alterazioni ambientali e prevenire, per quanto possibile, le conseguenze».

Le discipline -omiche possono essere impiegate per valutare la biodiversità in tutto l’Albero della Vita polare: dai microbi nell’oceano, nella terra, nel ghiaccio e nel permafrost fino alla grande megafauna, come gli orsi polari, le balene e le foche. Queste analisi riveleranno gli adattamenti della vita al freddo, dal singolo gene all’intero organismo. Inoltre, il sequenziamento di più individui all’interno di una singola specie potrà rivelare le storie evolutive delle specie polari, il loro grado di biodiversità e, di conseguenza, il loro grado di resilienza futura.

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