Per la prima volta, sulle piattaforme glaciali della baia Terra Nova in Antartide è stata rilevata la presenza della weathering crust grazie a una ricerca svolta dai ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche e pubblicata sulla rivista “Communications Earth & Environnement” di “Nature”. “Abbiamo constatato che particolari condizioni metereologiche, ovvero assenza di nuvole e vento e temperatura dell’aria prossima allo 0°C, determinano una maggiore penetrazione dei raggi solari nel ghiaccio, causando la formazione della crosta di alterazione”, spiega Giacomo Traversa, assegnista di ricerca presso il Cnr-Isp e autore della ricerca. “Questa superficie di ghiaccio bianco e poroso ha l’effetto di amplificare l’albedo, ovvero la capacità di riflessione dei raggi solari e, conseguentemente, di diminuire la radiazione solare assorbita all’interno delle piattaforme. Queste ultime sono enormi masse galleggianti che si estendono dalla calotta antartica al di sopra dell’oceano e che si caratterizzano per la presenza di ampie aree di ghiaccio blu”.

In Antartide la crosta di alterazione era stata precedentemente individuata soltanto sui ghiacciai dell’area delle Dry Valleys, 300 km più a sud della baia Terra Nova. In questa zona, dove gli studiosi hanno analizzato le piattaforme Nansen e Hells Gate attraverso misurazioni spettroscopiche, immagini da drone e satellitari e dati da stazioni meteorologiche, è presente anche la stazione di ricerca italiana Mario Zucchelli, che ha rappresentato la base operativa di questo studio.

I ricercatori ipotizzano che la presenza della crosta di alterazione possa contrastare i processi di fusione e sublimazione del ghiaccio. “La crosta di alterazione ha riguardato la quasi totalità delle piattaforme di ghiaccio della baia Terra Nova, mentre soltanto una piccola parte viene interessata dal darkening, un processo – per certi versi opposto – di scurimento della superficie dei ghiacciai causato dal deposito di polvere e detriti e dallo sviluppo di alghe, che comporta anche la formazione di laghi o specchi d’acqua supraglaciali”, conclude Biagio Di Mauro, ricercatore del Cnr-Isp e autore dello studio. “Visto il legame forte tra meteo, clima e sviluppo della crosta di alterazione, il contesto del cambiamento climatico globale e, più nello specifico, delle condizioni meteorologiche in Antartide, potrebbe determinare un aumento della weathering crust. Questo aspetto, visti i potenziali effetti di contrasto alla fusione dei ghiacci, sarà oggetto di prossimi studi da parte del nostro team di ricerca”.

La ricerca è stata realizzata grazie al Programma Nazione di Ricerche in Antartide. Il PNRA è finanziato dal Mur e gestito dal Cnr per il coordinamento scientifico, dall’Enea per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale – Ogs per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi. 

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