Occorre andare oltre l’ovvia constatazione che il clima è cambiato. Le alluvioni che negli ultimi mesi hanno colpito l’Emilia-Romagna, la Sicilia e la regione di Valencia, in Spagna, sono un’emergenza straordinaria e indicano la necessità di un approccio strategico per ridurre i rischi legati a eventi meteorologici sempre più intensi.

Per questo, gli esperti della Fondazione RETURN hanno diffuso un documento di indirizzo che elenca le priorità di ricerca e d’azione per rendere questi eventi meno distruttivi e letali.

Presentato in occasione del Dissemination Workshop di RETURN, ospitato a Bologna dal 27 al 29 novembre, il documento sottolinea come i cambiamenti climatici che portano a piogge più improvvise e intense, insieme alle trasformazioni del territorio degli ultimi decenni, stanno amplificando la frequenza e la gravità di questi fenomeni, rischiando di mettere in difficoltà anche i sistemi di allerta più evoluti.

“A rendere queste alluvioni così devastanti contribuiscono anche rischi multipli che non necessariamente vanno ricondotti al solo clima che cambia”, spiega Alberto Montanari, professore di Costruzioni Idrauliche all’Università di Bologna, fra i coordinatori scientifici di RETURN. “Per questo è necessario lavorare all’adeguamento delle infrastrutture e a una più attenta manutenzione dei corsi d’acqua”.

Secondo gli studiosi, per salvare vite umane e limitare i danni serve un’azione immediata che preveda il ricorso a infrastrutture e interventi su tutti i piani tecnici e sociali coinvolti dal rischio climatico. È necessario introdurre prassi, condivise e supportate anche dai cittadini, e normative che prevedano la verifica periodica delle condizioni di sicurezza del territorio e delle infrastrutture, tenendo sempre conto dei rapidi cambiamenti del clima.

Con questi obiettivi in mente, il progetto RETURN sta sviluppando scenari climatici utilizzando modelli avanzati e ad alta risoluzione spaziale per identificare le aree più vulnerabili. L’obiettivo è mappare la pericolosità e la vulnerabilità dei territori urbani ed extraurbani, utilizzando anche tecnologie innovative come i “gemelli digitali”. Inoltre, vengono promosse campagne educative per sensibilizzare cittadini e istituzioni sui rischi climatici e sulle migliori pratiche per la gestione del territorio.

“Solo attraverso una collaborazione fortemente interdisciplinare come quella di RETURN e una stretta sinergia tra ricerca, istituzioni e comunità possiamo affrontare sfide così complesse”, conferma Andrea Prota, docente di Tecnica delle Costruzioni all’Università Federico II di Napoli e presidente della Fondazione RETURN.

RETURN è uno dei 14 Parternariati Estesi nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Si occupa di studiare i rischi naturali e antropici, quelli legati all’acqua come le alluvioni, siccità ed eventi costieri ma anche frane, terremoti, eruzioni vulcaniche e contaminazioni ambientali. Coordinato dall’Università Federico II di Napoli, il progetto coinvolge le principali università e centri di ricerca pubblici e privati italiani. Tra i protagonisti c’è anche l’Università di Bologna, che guida lo Spoke DS: Science underpinning Climate services for risk mitigation and adaptation, pensato per definire metodi innovativi per migliorare le previsioni climatiche, idrometeorologiche e meteomarine alla scala locale.

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