Tra il 2015 e il 2019, numerose specie marine del Mediterraneo, tra cui coralli, spugne e macroalghe, sono state colpite da eventi di mortalità di massa causati da ripetute ondate di calore: si tratta di fenomeni registrati lungo migliaia di chilometri di coste mediterranee e fino a 45 metri di profondità. A certificarlo è una ricerca pubblicata sulla rivista “Global Change Biology” a cui hanno partecipato anche studiosi dell’Università di Bologna.
“La crisi climatica sta colpendo gravemente gli ecosistemi marini costieri di tutto il mondo, e il Mediterraneo non fa eccezione”, spiega Massimo Ponti, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Alma Mater, tra gli autori dello studio. “In particolare, un aumento nella frequenza, nell’intensità e nell’estensione delle ondate di caldo sta causando gravi eventi di mortalità che costituiscono una minaccia senza precedenti al funzionamento degli ecosistemi costieri”.
Negli ultimi vent’anni, la frequenza delle ondate di calore marino è raddoppiata, con fenomeni che sono diventati sempre più lunghi, estesi ed intensi. Tutto questo ha provocato un rapido aumento a livello mondiale del numero di eventi di mortalità di massa di organismi marini. Comprendere le dinamiche di questi fenomeni e le loro conseguenze diventa quindi cruciale per prevedere possibili scenari futuri e gestire gli impatti a lungo termine sugli ecosistemi.
Con questo obiettivo, gli studiosi hanno analizzato le conseguenze delle ondate di calore marino nel Mediterraneo, che nonostante le sue dimensioni relativamente ridotte ospita un alto livello di biodiversità: tra il 7 e il 10% di tutte le specie marine oggi note, molte delle quali sono endemiche della regione. Per farlo, hanno raccolto dati sulle temperature delle acque tra il 2015 e il 2019, sia a livello superficiale che in profondità, e quantificato il numero di eventi di mortalità di massa registrati nello stesso periodo.
“Questo studio è il primo ad aver valutato gli effetti della mortalità di massa su scala mediterranea in cinque anni consecutivi”, dice Ponti. “I dati raccolti ci hanno permesso di tracciare il quadro più completo finora disponibile degli impatti degli eventi di riscaldamento delle acque sugli organismi marini e sugli habitat costieri nel Mediterraneo”.
I risultati ottenuti mostrano che tra il 40 e il 75% delle specie marine considerate sono state colpite da eventi di mortalità di massa in concomitanza con i casi registrati di ondate di calore. Tra quelle più colpite, ci sono anche specie fondamentali per il funzionamento e il mantenimento della biodiversità degli ecosistemi costieri, come la pianta posidonia oceanica e la gorgonia rossa: due delle specie più emblematiche del Mediterraneo.
“Nonostante se ne parli molto poco, gli eventi di mortalità di massa sono oggi una delle principali conseguenze del cambiamento climatico nell’area del Mediterraneo, e la loro frequenza è destinata ad aumentare nei prossimi decenni”, spiega Ponti. “È un’emergenza che dobbiamo affrontare insieme, rafforzando il coordinamento e la cooperazione a livello regionale, nazionale e internazionale”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Global Change Biology” con il titolo “Marine heatwaves drive recurrent mass mortalities in the Mediterranean Sea”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Massimo Ponti ed Eva Turicchia del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali.

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