Nelle Dry Valleys, zone peri-costiere dell’Antartide, la degradazione del permafrost causata dal riscaldamento globale favorisce i fenomeni di degassamento che potrebbero estendersi lungo gli oltre 24.000 km di costa del continente antartico. È quanto è emerso dallo studio ‘Antarctic permafrost degassing in Taylor Valley by extensive soil’, condotto nell’ambito del progetto SENECA, finanziato dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide e coordinato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

“La ricerca, che costituisce la prima campagna geochimica estensiva condotta nel continente Antartico, è frutto della collaborazione internazionale tra l’INGV, il GNS Science, l’Università di Otago, l’Università di Oslo, l’Università Sapienza di Roma, l’Università di Padova e l’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche”, sottolinea Fabio Florindo, dirigente di ricerca INGV.

“Le zone dell’Antartide note come McMurdo Dry Valleys, situate nel settore orientale, a circa 100 chilometri dalla base americana di McMurdo e neozelandese Scott Base costituiscono la più estesa area priva di ghiaccio del continente antartico dove la scarsissima umidità, le temperature gelide (tra -14 °C e -30 °C) e venti catabatici fino a 320 km/h hanno generato uno degli ambienti più estremi del Pianeta”, spiega Alessandra Sciarra, ricercatrice INGV.

Recenti studi condotti nelle regioni polari nell’emisfero nord hanno rivelato che la stabilità del permafrost gioca un importante ruolo nell’attuale ciclo del carbonio, dal momento che può intrappolare considerevoli quantità di gas serra. Attualmente, il fenomeno del riscaldamento globale favorisce il rapido riscaldamento del permafrost artico con il conseguente rilascio di notevoli quantità di gas serra. Tuttavia, nelle regioni antartiche questo fenomeno non era stato ancora sufficientemente studiato e valutato.

“In Antartide, le McMurdo Dry Valleys rappresentano circa il 10% del suolo deglaciato dell’intero continente e, così come avviene per le regioni polari del nord, tendono a riscaldarsi anche se più lentamente. Durante l’estate australe del 2019 – 2020, è stata effettuata la prima campagna geochimica estensiva su una superficie di circa 22 kmq nella Taylor Valley. L’indagine ha permesso la misura in superficie della concentrazione di un’ampia gamma di gas, tra cui anidride carbonica, metano e idrogeno, nel suolo e del flusso di CO2 al fine di identificare le vie preferenziali di risalita per i fluidi profondi e valutarne i meccanismi di migrazione”, prosegue Livio Ruggiero, ricercatore INGV e responsabile scientifico del progetto SENECA.

“Confrontando questi dati con i pochi dati pregressi a disposizione”, aggiunge il ricercatore, “è stato osservato un incremento nel flusso dell’anidride carbonica, stimato pari a circa 15 tonnellate al giorno su un’area di 21.6 kmq. Infatti, l’emissione di CO2 calcolata durante il periodo estivo è circa 448.5 tonnellate al mese per l’intera area”.

“La presenza contemporanea di anomalie di più specie gassose nel suolo delle McMurdo Dry Valleys ha permesso l’individuazione di zone caratterizzate dallo scioglimento del livello attivo del permafrost e dove la presenza di strutture tettoniche e/o fratture permette a tali gas di migrare verso la superficie. I dati preliminari suggeriscono la presenza di elevate quantità di gas disciolti nel sistema di “brine” in sovrapressione al disotto del permafrost”, prosegue Giancarlo Ciotoli, ricercatore Cnr-Igag.

 “Nelle Dry Valleys la degradazione del permafrost causata del riscaldamento globale favorisce i fenomeni di degassamento che potrebbero non limitarsi alla Taylor Valley ma estendersi anche lungo gli oltre 24,000 km di costa del continente antartico. I risultati della ricerca hanno evidenziato la necessità di effettuare ulteriori indagini estensive per valutare adeguatamente le emissioni di gas serra in regioni caratterizzate dalla presenza di permafrost. Infine, questo lavoro ha prodotto una mappa delle emissioni di CO2 che potrà costituire un punto di partenza per future ricerche finalizzate alla valutazione dell’origine di questi gas e al monitoraggio delle emissioni di gas serra rilasciati dal permafrost antartico”, conclude Livio Ruggiero.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista “Science of the Total Environment”.

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