L’allergia al cane colpisce fino al 15-20% degli italiani
Il cane è per definizione il migliore amico dell’uomo, ma secondo gli allergologi un 15-20% della popolazione italiana è costretto a limitare il contatto con i propri amici a quattro zampe a causa di una allergia, quella al cane, tanto diffusa, quanto sottovalutata. Tuttavia, oggi grazie ai continui progressi della diagnostica allergologica molecolare, un recente studio italiano ha confermato che una delle cause predominanti di questa allergia, potrebbe essere una proteina presente solo negli esemplari di cane maschio: l’allergene prostatico Can f 5. La scoperta apre diversi scenari, sia nella ricerca di una terapia desensibilizzante al momento assente, sia nella prospettiva che, per la maggior parte delle persone con diagnosi certa di allergia esclusiva al cane maschio, potrebbe essere tollerato un cane femmina.
Anche se alcune persone, pur risultando allergiche agli epiteli di cane non manifestano particolari sintomi a contatto con l’animale, i sintomi tipici di chi soffre di questa allergia sono starnuti, naso che cola, arrossamento, prurito e lacrimazione agli occhi e, in alcuni casi, possono insorgere anche tosse ed affanno. In presenza di una documentata sensibilizzazione allergica e di sintomi dopo contatto la misura più efficace da adottare è l’allontanamento dell’animale, misura dolorosa e comprensibilmente poco adottata dai pazienti, e da misure di pulizia degli ambienti.
Secondo le attuali conoscenze, il cane produce ben sette proteine allergeniche per lo più di origine epiteliale. Una di queste, denominata Can f 5, è l’equivalente dell’antigene prostatico umano. Gli studi fino ad ora disponibili, l’ultimo dei quali condotto in Italia, hanno dimostrano che un numero considerevole di pazienti risulta sensibilizzato al Can f 5 e per molti di questi l’allergia è legata esclusivamente al Can f 5.
“Il vantaggio di essere allergici solo all’antigene prostatico – spiega il Dott. Gennaro Liccardi, allergologo AAIITO – Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri – è quello di una maggiore tolleranza nei confronti dell’esemplare femmina e di essere meno sensibili agli allergeni che il cane condivide con altri mammiferi, come ad esempio conigli, cavalli e criceti, ecc. Lo svantaggio di essere allergici prevalentemente al Can f 5 è la scarsa efficacia dei vaccini antiallergici oggi disponibili, perché tutte le formulazioni in commercio contengono un mix di allergeni e non solo il Can f 5 come sarebbe auspicabile. Un altro svantaggio di tale condizione è il maggior rischio di sviluppare allergia al liquido seminale umano, l’antigene umano è l’equivalente di quello del cane, con manifestazioni reattive locali e, talora, generali durante i rapporti sessuali non protetti. Non sono eventi molto frequenti, ma sono ben descritti in letteratura”.
Partendo dalla considerazione che il Can f 5 può essere prodotto esclusivamente dal cane maschio, i ricercatori si sono domandati se l’essere allergici solamente a questo allergene, e non anche agli altri, potesse essere dovuto al contatto prevalente con cani di sesso maschile. Dalla ricerca coordinata dal dott. Liccardi, che ha visti coinvolti 14 Centri di allergologia italiani e 627 pazienti allergici solo al Can f 5, è emersa una forte associazione tra un alto livello di allergia al Can f 5 ed il contatto con un cane maschio. Al contrario, nei pazienti senza cani ma a contatto con animali di entrambi i sessi e nei possessori di esemplari femmine il grado di allergia è risultato modesto.
“La maggior parte dei soggetti allergici al cane riconosce sia gli allergeni epiteliali che l’allergene prostatico. I nostri studi hanno dimostrato che la positività all’allergene prostatico è molto frequente nei pazienti allergici al cane ed è fortemente associata al contatto con cani maschi. È verosimile pertanto che, in questi soggetti, il possesso di un cane femmina possa essere ben tollerato – afferma il dott. Liccardi – È necessario tuttavia valutare, nel singolo paziente, a quali allergeni dell’animale risulta sensibilizzato poiché la gestione diagnostica e terapeutica risulta differente a seconda degli allergeni che riscontriamo: il vaccino anti-allergico standard, ad esempio, potrebbe non essere efficace perché non contiene esclusivamente il Can f 5”.
E’ stato documentato che non esistono razze in grado di produrre meno allergeni di altre, i cosiddetti cani “ipoallergenici”. Pertanto, avere un animale “ipoallergenico” in presenza di una condizione allergica specifica potrebbe costituire un rischio per la salute.
E’ noto che nascere in un ambiente agricolo con esposizione a diversi animali, associato anche ad uno stile di vita sano, può essere un fattore protettivo verso lo sviluppo di allergia nelle età successive. Non ci sono invece evidenze altrettanto chiare sull’effetto protettivo dell’esposizione precoce ad animali da compagnia in ambienti urbani dove sono presenti fattori “pro-allergici” come l’inquinamento atmosferico ed il vivere prevalente in ambienti confinati.
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