La primavera è alle porte, aumentano le temperature e il tempo passato all’aria aperta e la leishmaniosi – malattia infettiva che si trasmette attraverso la puntura di un piccolo insetto, chiamato flebotomo – torna a imporsi sulla scena. Ecco perché diventa quanto mai fondamentale per i pet owner informarsi ed essere aggiornati sui corretticomportamenti da adottare per difendere i propri amici a quattro zampe,e anche se stessi. MSD Animal Health sostiene quest’anno il “Mese della Leishmaniosi”, una campagna informativa con cui si schiera accanto a tutti i pet owner, con l’obiettivo di sensibilizzarli e comunicare loro le best practices da usare per la prevenzione della Leishmaniosi, una malattia parassitaria molto grave, che risulta oggi essere sempre più in espansione nel nostro Paese.
La Leishmaniosi è una malattia infettiva che colpisce principalmente i cani ma che può essere trasmessa anche all’uomo, per questo è classificata tra le zoonosi. E’ causata da un protozoo parassita, Leishmania infantum, che si trasmette al cane attraverso la puntura del flebotomo, un piccolo insetto che funge da vettore del parassita. Una volta punto da un pappatacio infetto, il cane rimarrà per sempre portatore e quindi “serbatoio” dell’infezione in grado di infettare altri cani e, in alcuni casi, anche l’uomo, non in modo diretto ma sempre attraverso la puntura del flebotomo. Sebbene non tutti i cani infetti manifestino sempre la malattia, è importante fare attenzione ad alcuni segni clinici per riconoscere in tempo l’insorgere della malattia. Fra questi: il dimagrimento dell’animale, la stancabilità, la forfora sul pelo dell’animale, la perdita di pelo, la crescita abnorme delle unghie, la comparsa di sangue dal naso e l’ingrossamento dei linfonodi. Nei casi più gravi, i cani possono sviluppare anche una forma di nefropatia con perdita di proteine con le urine, che può trasformarsi in insufficienza renale cronica e quindi condurre a morte il cane o l’uveite, una patologia oculare che può portare alla perdita della vista. Per questo la parola d’ordine è prevenzione. “La lotta alla diffusione di una malattia si fonda su 2 principali fattori: la protezione dal contatto con il flebotomo, responsabile dell’infezione, e la vaccinazione” spiega Gaetano Oliva, Professore Ordinario di Clinica Medica Veterinaria all’Università di Napoli. “Per quanto riguarda la vaccinazione, in Italia esistono due vaccini in commercio che pur costituendo un’arma efficace nel contrastare lo sviluppo di malattia, non sono sufficientemente in grado di bloccare l’infezione. Questo significa che anche i cani vaccinati possono rimanere un serbatoio attivo per gli insetti vettori e, pertanto, anch’essi devono essere sempre protetti con farmaci che impediscano la puntura dei pappataci. Quindi è necessario combinare il vaccino con strumenti “no feeding” o “anti-feeding” di provata efficacia, ovvero prodotti veterinari per uso topico, che impediscono l’alimentazione dei flebotomi”. Aggiunge il Gaetano Oliva: «L’obiettivo è quello di evitare il contatto tra l’insetto e il cane e questi prodotti offrono una percentuale di protezione superiore al 90%. In più, è importante avere l’accortezza di tenere il cane al coperto, soprattutto di notte, periodo in cui i pappataci sono attivi e usare barriere fisiche come zanzariere a maglie fitte». In aggiunta, è consigliato effettuare delle visite semestrali presso il proprio veterinario che valuterà caso per caso l’approccio migliore da usare.
Per quanto riguarda le ricadute sulla salute dell’uomo, «non esiste rischio dal punto di vista della convivenza cane-uomo» – spiega Luigi Gradoni, Direttore del Reparto di Malattie trasmesse da Vettori del Dipartimento di Malattie Infettive – «perché non c’è possibilità di trasmissione diretta: considerato che i flebotomi non hanno un grande raggio di volo, è probabile che pungano non tanto il convivente del cane, quanto piuttosto un vicino di casa». Inoltre, nell’uomo, nella maggior parte dei casi, l’infezione risulta del tutto asintomatica e solo in una piccola parte della popolazione si manifesta la malattia: sono circa 100 i casi annui di leishmaniosi viscerale, molti di più quelli di forme cutanee più benigne. Conclude Luigi Gradoni: “Sebbene non si conoscano i fattori certi che predispongono alla malattia, è dimostrato che bambini e soggetti immunodepressi siano più a rischio del resto della popolazione”. Se il cane, che sia solo infettato o che abbia sviluppato la malattia, tende a non guarire mai, nell’uomo il trattamento terapeutico si è dimostrato altamente efficace nel 98% dei casi e la diagnosi precoce permette di curare i pazienti in pochi giorni.
Dai dati risulta che non esistono zone a rischio zero: non solo è aumentato notevolmente il flusso di animali in viaggio a seguito delle famiglie, o i cani che dal sud raggiungono le nuove famiglie al nord Italia per un’adozione ma negli ultimi anni, a causa dell’innalzamento delle temperature medie, che ne favoriscono la riproduzione, i flebotomi riescono a diffondersi anche in zone prima non favorevoli, come il Nord Italiao le aree prealpinee praticamente per tutto l’anno, soprattutto nelle zone del nostro Paese in cui le temperature sono miti per 12 mesi all’anno. Come spiega Fabrizio Vitale, Responsabile Centro di Referenza Nazionale per le Leishmaniosi e Direttore Area Biologia Molecolare presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia A. Mirri: “Mi sentirei di catalogare l’intero nostro Paese ormai “a rischio”, ad eccezione di alcune aree montane. Storicamente, in Italia la Leishmania ha aree endemiche localizzate per lo più nelle zone costiere tirreniche e altre zone ad endemia sporadica. Anche l’Europa non fa eccezione, con aree endemiche tradizionali che stanno cominciando ad interessare latitudini diverse dalle tradizionali. Focolai autoctoni di Leishmania si registrano anche nell’Est Europa e nelle aree meridionali dell’ Europa Centrale”. Aggiunge Fabrizio Vitale: “In Anagrafe degli Animali d’Affezione, sono registrati ad oggi 11.079.661 cani, un dato nazionale sicuramente sottostimato, ed è verosimile pensare che annualmente possano esserci circa 1 milione di cani infetti. Oggi la situazione è più chiara perché è migliorata l’attenzione al problema così come la sensibilizzazione dello stesso: si è passati da un regime di Sorveglianza Passiva alla Sorveglianza Attiva, e da una visione limitatamente geografica del passato ad una globalmente espansiva più reale e attuale”. L’Italia, infatti, dispone di una rete di laboratori pubblici, universitari e privati che attraverso il sistema della Sorveglianza Attiva monitorizza costantemente la malattia nel territorio, coordinati dal Centro di Referenza Nazionale per la Leishmaniosi.
La prevenzione quindi èfondamentale, sia nei cani saniper proteggerli dall’infezione sia nei cani già infetti o malati per ridurre/controllare la diffusione del parassita ad altri cani o all’uomo. Commenta ancora Gaetano Oliva: “Entrambi sono dei “serbatoi”: quando l’infezione è attecchita, anche se il cane non esprime i segni della malattia dal punto di vista clinico, sarà comunque un serbatoio del parassita. Questo significa che se gli insetti pungono il cane, possono assumere il parassita e trasmetterlo ad altri cani o all’uomo. Dai dati oggi disponibili, emerge che la percentuale dei cani infetti è superiore alla percentuale di cani ammalati”. E laprevenzione passa anche dall’informazione corretta. Con“Il Mese della Leishmaniosi” ancora un volta MSD Animal Health si fa portavoce dei temi più sensibili che riguardano la salute degli animali, con l’obiettivo di rappresentare un reale supporto e contribuire ad una corretta informazione a beneficio non solo della salute degli animalima anche a quella di tutte le persone.

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