In un lavoro recentemente pubblicato con il contributo del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Univpm, in particolare del laboratorio di Biologia evolutiva, diretto dal Prof. Vincenzo Caputo Barucchi, sono state esaminate alcune caratteristiche del ciclo vitale del capodoglio, grande mammifero marino la cui biologia è ancora poco conosciuta nel Bacino Mediterraneo.

In particolare, nella pubblicazione sulla rivista internazionale “Animals” vengono presentati nuovi dati originali sui rapporti tra età e lunghezza corporea ed età alla maturità di individui spiaggiati lungo le coste italiane, nonché informazioni sulla loro struttura genetica. I risultati delle analisi hanno messo in evidenza che i capodogli del Mediterraneo, sebbene raggiungano la maturità sessuale alla stessa età di quelli atlantici, sono caratterizzati da un tasso di crescita più lento e quindi sono di dimensioni inferiori, a parità di età, rispetto agli individui oceanici.

Il caso più estremo è rappresentato da una femmina mediterranea gravida di soli 6,5 m di lunghezza del corpo e un’età stimata di 24-26 anni, di particolare interesse in quanto le femmine di questa specie raggiungono di regola la maturità sessuale a circa 9 metri di lunghezza totale e a 9 anni di età.

Per spiegare questa differenza di dimensioni si possono avanzare alcune ipotesi basate su fattori ecologici e/o genetici. Una possibile interpretazione tiene conto del minore apporto energetico degli individui mediterranei rispetto a quelli atlantici, dovuto principalmente a prede di dimensioni inferiori e a condizioni meno produttive del Mediterraneo rispetto all’Atlantico; nel Mediterraneo, per esempio, sono assenti i giganteschi calamari del genere Architeuthys che i capodogli sono in grado di cacciare  spingendosi fino a oltre mille metri nelle profondità abissali.

Un’altra spiegazione potrebbe essere legata alla pressoché totale assenza di variabilità genetica del capodoglio mediterraneo dovuta allo scarso flusso genetico con le popolazioni atlantiche: ciò favorisce l’incrocio tra individui strettamente imparentati, con conseguenti effetti negativi come la manifestazione di tare genetiche, fra le quali il nanismo.

Alla luce del preoccupante dato genetico, la popolazione di capodogli del Mediterraneo dovrebbe essere sottoposta a un costante monitoraggio volto a promuoverne la conservazione in quanto più vulnerabile ai cambiamenti ambientali. La diversità genetica è infatti il “carburante dell’evoluzione” e quando le sue riserve sono scarse, il rischio di estinzione si fa sempre più elevato, soprattutto nel contesto attuale di “global climate change”.

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