Le nonne orche insegnano ai nuovi nati come cacciare, i capodogli vivono in clan che si distinguono in base ai diversi tipi di vocalizzazione generando così barriere sociali, gli scimpanzé, secondo un’usanza tramandata da generazione in generazione, aprono le noci con le pietre. In molte specie animali l’apprendimento sociale genera vere e proprie forme di cultura.

A questi risulati è giunto un gruppo internazionale di scienziati, tra cui gli italiani Fernando Spina di ISPRA, Giuseppe Notarbartolo di Sciara dell’Istituto di Ricerca Tethys e Paolo Ciucci della Sapienza Università di Roma, in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Science”. Si tratta di un aspetto fondamentale e che va preso seriamente in considerazione, sia per pianificare interventi concreti di tutela, sia per sviluppare politiche di conservazione che siano adeguate ed efficaci. Al fine di pianificare la corretta tutela delle specie animali, afferma lo studio, è di estrema importanza considerare forme di conoscenza sociale che rappresentano vere e proprie espressioni di cultura animale.

Una conoscenza accurata di cosa siano e come funzionino le culture animali offre una prospettiva innovativa su quali siano i gruppi di individui o le popolazioni da tutelare in maniera prioritaria e quali le strategie più efficaci. Comprendere, ad esempio, quale sia l’importanza delle informazioni che nelle orche le nonne trasmettono ai nuovi nati, o perché negli scimpanzé l’uso di pietre per rompere le noci sia una tradizione culturale presente e tramandata di generazione in generazione in alcuni gruppi ma non in altri, può rivelare aspetti essenziali per la conservazione di queste specie.

In molte specie animali, gli espedienti e le tattiche per sopravvivere sono appresi dai giovani inesperti osservando attentamente gli individui che sono portatori di conoscenza, ovvero gli adulti del gruppo sociale. Questa importante fase di apprendimento può riguardare le modalità con cui comunicare, come e dove trovare da mangiare, come alimentarsi in maniera efficiente, o dove migrare quando le condizioni ambientali diventano poco ospitali.

Ad esempio, la trasmissione di conoscenze sulle rotte migratorie nelle Gru canadesi come nelle pecore selvatiche nordamericane, fornisce informazioni vitali affinché le specie riescano a sopravvivere nel futuro così come hanno fatto per moltissime generazioni. Diversamente dall’ereditarietà genetica, le conoscenze trasmesse per via sociale possono essere tramandate inalterate di generazione in generazione e risultare di estrema utilità pratica per la scoperta di una nuova fonte di cibo. In quanto tali, queste forme di cultura possono essere quindi di estremo valore per le specie animali, facilitandole nei processi di adattamento e sopravvivenza in ambienti potenzialmente mutevoli.

Lo studio sottolinea inoltre che i processi di apprendimento sociale possono determinare la formazione di gruppi culturali i cui profili comportamentali sono differenti e distintivi all’interno di una popolazione; tale comportamento a sua volta, può generare vere e proprie barriere sociali, come ad esempio riscontrato nei capodogli del Pacifico tropicale orientale, che vivono in clan vocalmente diversi. Tali meccanismi di segregazione culturale hanno importanti implicazioni per la conservazione, specialmente se gruppi distinti mostrano strategie alimentari differenti che corrispondono a una diversa capacità di adattamento al cambiamento climatico.

Al fine di proteggere questo “capitale sociale”, in alcune specie si dovrebbe riuscire a caratterizzare le popolazioni animali in base al loro profilo culturale piuttosto che ai più tradizionali approcci basati sulla diversità genetica o sull’isolamento geografico. Per alcune specie, tutelare gli individui che fungono da archivi di conoscenza sociale risulta importante tanto quanto lo è tutelare l’habitat critico di cui necessita la specie, come per esempio nei gruppi matriarcali degli elefanti dove sono le femmine adulte con più esperienza ad essere il punto di riferimento dell’intero gruppo.

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